Irene Zorloni

Il corpo come mezzo di narrazione

Andare oltre, mettersi alla prova cercando di toccare qualcosa di più profondo. Irene Zorloni, 22 anni dal teatro all’Accademia di Belle Arti di Brera, utilizza il corpo come mezzo di narrazione.

Irene Zorloni

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Mi chiamo Irene Zorloni vengo da Villasanta (Monza) e ho (quasi) 22 anni. Sono arrivata a Brera quasi per caso. Fino a qualche anno fa mi interessavo alle arti visive ma più come spettatrice, dilettandomi ogni tanto a disegnare o dipingere.

-Di cosa ti occupi?

Il mio grande amore è sempre stato il teatro, a cui deve molto anche il mio lavoro. La vita però mi ha portato a decidere di rischiare tutto e iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Brera, cosa che mi era sempre sembrata assurda non avendo le basi di un liceo artistico. Ho sempre avuto il bisogno di esprimere un qualcosa che non sono ancora riuscita a definire tramite l’arte, cercando di usare il mio corpo come mezzo principale di narrazione, prima nel teatro e poi nelle arti visive. Il mio obiettivo penso sia quello di mettermi alla prova, cercando di toccare un qualcosa di più profondo, andare oltre sia a me che a quello che ci sta attorno. Lo faccio indagando temi quali corpo, identità, memoria, morte. Penso che sia proprio questo “andare oltre” l’obiettivo del mio lavoro.

Digital portrait (ghosts) IV, olympus, 2022

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

Se si parla di musica posso dire che ascolto i Pink Floyd da quando sono nata, amo Patty Smith, David Bowie, Franco Battiato, Fabrizio de Andrè. Ma non mi faccio mancare, nella mia playlist, ne l’indie italiano né la musica disco anni 80.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere

Amo anche il cinema, ma devo dire che preferisco il teatro: è più vero, immediato e diretto, tocca delle corde che il cinema non può toccare. Dirò quindi un paio di spettacoli che secondo me tutti dovrebbero andare a  vedere: “Aspettando Godot” di Beckett e “La Salomè” di Wilde. Se proprio devo dire un film invece “Al di là dei sogni”, con Robin Williams.

Selfportrait (con Rosa), 2023

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..)

Non posso dire di avere una forma d’arte preferita però  apprezzo qualsiasi cosa che sia fatta bene e che trasmetta qualcosa di forte.

-C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Di artisti contemporanei ammiro Nan Golding, per la sua schiettezza e crudezza, Boltanski, per la sua disarmante carica emotiva, e Mario Raciti, per la sua capacità di andare oltre.

Autoritratto in trasparenza III, 2022

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Il rapporto che ho con la ricerca artistica non è d’interesse ma piuttosto di necessità. È un qualcosa di intrinseco e non spiegabile a parole. 

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Non saprei descrivere cosa provo mentre lavoro, c’è come una spinta che mi fa fare.

Digital portrait (ghosts) I, olympus, 2022

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?

Ho sempre avuto il bisogno di esprimere un qualcosa che non sono ancora riuscita a definire, cercando di usare il mio corpo come mezzo principale di narrazione, prima nel teatro e poi nelle arti visive. Il mio obiettivo penso sia quello di mettermi alla prova, cercando di toccare un qualcosa di più profondo, andare oltre sia a me che a quello che ci sta attorno. Lo faccio indagando temi quali corpo, identità, memoria, morte. Penso che sia proprio questo “andare oltre” l’obiettivo del mio lavoro.

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro? Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?

Il mio lavoro non nasce da un qualcosa di ben preciso, ma piuttosto da un flusso che poi tendo a razionalizzare, riordinare e portare avanti. Il lavoro viene facendolo.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro? Quale sarebbe il loro significato?

Non ho un ottimo rapporto con i titoli, trovo riduttivo spiegare un lavoro in poche parole. Li uso per dare una sorta di ordine al lavoro ma non gli do grande importanza.

Unnamed, anime, 2022

Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?

A volte mi capita di avere idee non realizzabili con i mezzi che ho a disposizione, a volte mi arrangio, altre aspetto. Dipende dal tipo di lavoro che ho in mente.

Quando è che senti che un lavoro è finito?

Non saprei ben definire cosa vuol dire “finito” in un lavoro. Intanto credo che il lavorare sia un processo, e che ogni cosa sia collegata alle precedenti: spesso e volentieri ritorno sui lavori, lascio che evolvano. Forse è solo quando il lavoro guarda te, e non sei tu che guardi il lavoro, che è realmente finito.

Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Ogni lavoro ha il suo perché, non esiste un lavoro che funziona o non funziona perché tutta l’esperienza che fai ti può aiutare a svilupparti come artista e a migliorare le tue capacità espressive.

trait (venice) I, olympus (1), 2022

Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?

Il lavoro per me nasce da un’urgenza, che può essere o non essere accompagnata da un un’idea. Il lavoro vero e proprio però alla fine è l’atto del lavorare.

Stai facendo un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

Sto frequentando il corso di pittura. Brera mi ha e mi sta continuando a dare molto, sono stata molto fortunata e ho trovato dei professori che son stati più che altro dei maestri. Anche amici e compagni di corso mi hanno dato moltissimo, sia personalmente che artisticamente.

digital portrait (ghosts) II, olympus, 2022

Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Tendo a staccarmi emotivamente dai miei lavori dopo un po’ che li ho realizzati, quindi mi è difficile dire “il mio preferito”. Però ammetto di avere un legame particolare con la polaroid, un mezzo importante forse più per la mia storia personale che per quella artistica. Per questo forse i miei lavori “preferiti” sono quelli fatti con questo mezzo, che è quello con cui reputo di riuscire a rivelarmi meglio.

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

I social sono sia utili per conoscere e per farsi conoscere. Uso Instagram sia come riassunto del mio percorso che come modo di conoscere altri artisti della mia generazione.

Sei stata a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Milano è una città grande e in quanto tale da molte possibilità. Sono fortunata perché son nata a solo mezz’ora da qui, faccio la pendolare ma posso vivere Milano senza farmi travolgere dal suo caos. Questo però fa anche si che pian piano io stia sentendo stretta la realtà in cui vivo. Secondo me Milano ti porta in qualche modo a volere di più.

Faceless roses, 2023

Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti? Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?

Ho talmente tanti progetti per la testa che non saprei da dove iniziare. Il mio grande obiettivo al momento è riuscire a conciliare i miei due grandi amori: l’arte ed il teatro, sto cercando di capire come. Il mio sogno nel cassetto è invece quello di fare un master a Londra. L’ho sempre amata come città e penso sarebbe importante per me esplorare il mio lavoro da un’altra prospettiva, distaccandomi completamene dalla mia zona comfort.

Cosa significa per te essere artisti oggi?

Essere artisti oggi è una sfida e un grandissimo atto d’amore, quasi un elogio alla follia.

Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano/hanno frequentato l’Accademia di Brera?

Erika Puccianti, Anna Aria Viggiano, Celeste Luna Sala.


Ringraziamo Irene Zorloni per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirla sul suo profilo Instagram.

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