Edoardo Sessa

L’eclettismo naturale

Edoardo Sessa si occupa sia di scultura, installazioni che di artigianato; è un artista poliedrico sotto tutti i punti di vista, utilizza elementi di diversa provenienza. Il suo eclettismo naturale ha la tendenza a combinarsi in modi sempre originali e creativi, unendo diversi materiali e cercando di raccontare un po’ di sé e del mondo che lo circonda.

Homologation performance, foglie, fustella, 2022, Giardino del guasto, Bologna.

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Sono Edoardo Sessa, nato a Varese il primo Dicembre 1995. Ho vissuto nella mia città natale fino
a vent’anni. Ho frequentato il Liceo Artistico, corso tradizionale; i due anni seguenti li ho trascorsi
a Milano nella scuola civica Arte&Messaggio dalla quale ho ottenuto l’attestato di Grafico poi mi
sono trasferito a Bologna nel settembre del 2017. Da cinque anni vivo qui e frequento
l’Accademia di Belle, corso di Scultura, nel quale mi sono diplomato alle triennale nel 2021. Ora
sono al primo anno del Biennio.

-Di cosa ti occupi?
Mi occupo principalmente di scultura ma lavoro anche con installazioni nelle quali utilizzo
immagini fotografiche, disegni, dipinti, luci, schermi e video.

Homologation performance, foglie, fustella, 2022, Giardino del guasto, Bologna.

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?
Mi piace la musica, la ascolto prevalentemente quando vado in bicicletta (il che vuol dire molto
tempo a bologna dato che è il mio unico mezzo per spostarmi) perché mi fa immaginare cose
mentre pedalo osservo la città e le persone che scorrono affianco a me. Mi aiuta a pensare o a
non pensare. Sennò la ascolto parecchio mentre lavoro, quando sono alle prese con qualche
scultura che necessita di molto lavoro manuale e li la utilizzo per creare un sottofondo ed un
ambiente confortevole. In questi casi metto tracce molto lunghe, anche di ore. Prevalentemente
musica elettronica, chill. Non ho un gruppo o un cantante preferito, ma se devo dirne un paio,
direi Battiato e Battisti. Sono quelli che mi regalano più emozioni e nuovi punti di vista per
osservare le cose.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
Il colore del melograno

Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
Le installazioni sono sicuramente quello che preferisco perché dialogano con lo spazio in un
modo molto intenso con lo spazio circostante e se fatte bene, lo spettatore può viverle al meglio.
In ogni caso quello che mi piacerebbe vedere in una mostra (e fortunatamente ultimamente
accade sempre di più) è l’interdisciplinarietà delle arti. Mi piace vedere come un artista (artista e
basta) utilizzi scultura, fotografia, disegno, immagine installazione in una mostra.
-Il momento della giornata che mi piace di più è sicuramente il tardo pomeriggio, quando i raggi
del sole cominciano a tingersi di arancione e la luce entra dalle finestre obliquamente. In quelle
ore mi sento molto produttivo.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
Faccio quello che faccio perché sinceramente non saprei cos’altro fare. Non mi è mai venuto in
mente altro che potessi fare. Una volta mi ricordo che ho ipotizzato, per pochissimo tempo, di
fare il falegname, ma è svanita subito come idea. Devo dire che in famiglia sono stato sempre
appoggiato da mia madre a seguire questa strada. Per me a volte si tratta di artigianato, altre
volte di immaginazione e volontà di vivere quell’immaginazione: trasportarla sul piano reale. Si
tratta di idee, di possibilità. Credo fermamente nell’arte come mezzo per superare certi limiti,
come crescita personale e collettiva.

Quel che rimane nel cassetto, 2021

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?
Ho sempre disegnato, fin da quando ero piccolo. Avevo sempre fogli e pastelli colorati in mano.
Poi con mio nonno, e mio padre ho imparato ad usare le mani per costruire. Ho imparato ad
utilizzare gli attrezzi da lavoro, a capire la struttura delle cose ecc.

Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?
No non avevo e non ho ancora un’idea chiara di quello che bisogna fare. Sento una necessità di
mettermi a pensare alle cose. Questo è il lavoro costante, il fare è solo una piccola pare,
impegnativa certo, ma piccola. Io vedo l’arte come fenomenologia del corpo. L’artista per me
deve essere un fenomenologo, capire sè stessi e il mondo esterno sperimentando con il proprio
corpo e l’immaginazione.

Edoardo Sessa, Eva Sculpture

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
-A volte sì a volte no. Dipende. Ci sono volte che immagino una cosa, una sequenza di immagini
e lì non mi chiedo troppo il senso e lo faccio, registro con i video ciò che mi è venuto in mente e
poi cerco di capire perché, la giusta sequenza o come utilizzarlo. Altre volte penso per mesi ad
una cosa, mi documento, cerco di sapere più cose possibili su quel determinato argomento, mi
faccio un piano mentale, scrivo parecchio, parlo con molta gente (che siano professori, amici,
persone incontrate a caso per strada) ed infine mi metto a lavorare.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?
Dipende, a volte sento che i titoli non servono, perché il lavoro parla tanto già da sé. Altre volte i
titoli li ho in mente ancora prima di iniziare a lavorare nel pratico. Altre volte il titolo è
estremamente necessario e risulta difficile trovare quello perfetto.

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?
Un mio buon professore una volta mi disse che la cosa fondamentale nel processo di creazione
del lavoro è la capacità di allontanarsi e fermarsi. A volte i lavori più belli più freschi sono quelli
appena iniziati. A volte invece c’è un progetto che devi seguire per filo e per segno e lì c’è un
risultato specifico al quale bisogna arrivare.

Quel che rimane nel cassetto, 2021, Installazione, Lenzuoli, teli in TNT, Cassetti, Fotografie, Oggetti vari, Plexiglas, Luci di natale ad intermittenza.

-Hai fatto un percorso all’università come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
È stato un percorso formativo, a suo modo. Strano, sicuramente, difficoltoso anche perché se non
ti fai spazio da solo nessuno ti aiuta a lavorare, nessuno ti insegna ad utilizzare gli attrezzi e i
materiali. Bisogna essere autonomi, indipendenti, non bisogna aspettarsi niente da nessuno ed
essere intraprendenti, ambiziosi. Saper osservare le dinamiche, fare domande, parlare molto e
scambiarsi più informazioni possibili, conoscere.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
Ho iniziato facendo delle sculture in filo di ferro con Aurora, sono state molto apprezzate, anche
da un pubblico molto vario. Siamo riusciti a venderle. Ce ne hanno comprate molte.
Parallelamente ho portato avanti un’altra strada che per tempo è stata sempre un po’ più nascosta
rispetto a quella delle sculture in fili di ferro. La gente ora mi conosce per queste e me le continua
a chiedere ma ora sto affrontando un percorso differente del quale ne sono molto fiero. Sono
soddisfatto dei miei ultimi lavori.

Paolo e Francesca, 2021, ferro e filo di ferro saldato, 200x80x40 cm e 200x60x40 cm

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
Confermo, i social oggi posseggono una dimensione importante. Io sinceramente utilizzo
instagram parecchio. Utilizzo i post come un vero e proprio catalogo, un archivio nel quale
deposito i lavori che faccio ma che al tempo stesso è una vetrina per le persone eterne. Oggi
anche i curatori prima di chiederti il portfolio o curriculum chiedono prima instagram per sbirciare
quello che fai e se i tuoi lavori gli piacciono o potrebbero essere considerati. Poi se vengono
considerati ti chiedono il portfolio per capire meglio la poetica. Questo è. Quindi si i social hanno
una parte importante oggigiorno.

-Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
Milano è una città nella quale non mi sento particolarmente a mio agio. Ci ho trascorso due anni
della mia vita e non mi sono mai sentito a casa. Non una città a misura d’uomo, è troppo grande,
caotica, complicata, piena di eventi e ricca certo, ma a Bologna mi trovo meglio. Bologna è quella
via di mezzo giusta per me, ti senti a casa, fin da subito, è a misura d’uomo, medievale, giovane,
piena di eventi culturali gratuiti: mostre, conferenze, concerti, cinema, teatro, iniziative
studentesche, centri sociali, mercati e tantissimo altro. Quello che mi piace di bologna è il
fermento costante che questa città possiede, costantemente. Amo stare tra i ragazzi, i gruppi, le
associazioni e le iniziative che hanno. La volontà di stare insieme e di condividere. Ma soprattutto
amo stare in una città invasa dalle arti e dalle scienze umanistiche.

Decostruzione dello sguardo, con Aurora Pozzi, 2020, Filo di ferro, fogli di acetato trasparente stampati, fotografie, diapositive, disegni, luce, Dimensioni Variabili.

Ringraziamo Edoardo per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirlo sul suo profilo Instagram, oppure consultate il suo sito personale.

Scopri altri artisti emergenti sulla nostra rivista Venticento Art Magazine.