Julija Matic

La matericità dei corpi

Julija è una giovane artista Vicentina con origini serbe, che si occupa di rappresentare come macrotema il “corpo” analizzandolo in tutte le sue sfaccettature, attraverso l’utilizzo di diverse tecniche artistiche, sfruttando in particolare la pittura come mezzo di comunicazione.

tempera rossa all'interno del coperchio di un barattolo

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Mi chiamo Julija, ho vent’anni e sono Vicentina con origini serbe. Momentaneamente sono al mio terzo anno di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera.

-Di cosa ti occupi?

Sin da piccola, come al giorno d’oggi mi sono da sempre occupata di pittura. Il mio lavoro segue principalmente come macrotema il “corpo”, con l’uso di una varietà di tecniche: la pittura, il disegno, la fotografia, la performance e il video. Analizzo le sfaccettature dell’essere corpo, realizzando diverse serie di lavori sul rapporto tra la propria matericità, identità e l’influenza che ha su di esse l’ambiente circostante. Prediligo l’utilizzo della pittura, ma non mi soddisfa limitarmi a un unico modo di fare.

Per qualsiasi cosa voglia esprimere cerco il modo tecnico adeguato per farlo. Che sia un taglio, dell’acrilico, una riflessione scritta, una foto alle quattro di mattina, non ha importanza. Il mio lavoro  inizia con il sentire un impulso casuale nel momento in cui sto svolgendo qualsiasi cosa nella mia quotidianità, se non semplicemente detto “mentre sto vivendo”, proseguendo nell’agire su quell’impulso, passando alla sua analisi e con lo stabilimento della base concreta di una serialità del lavoro materico.

"Hand-downs" e studio su taccuino, 2023
“Hand-downs” e studio su taccuino, 2023

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

Credo che la musica sia diventata e rimasta un mezzo essenziale per me nella comprensione della mia emotività. Non ho un genere preferito, quantomeno un unico cantante o band. Posso dire che in questo periodo le mie playlist stanno seguendo un miscuglio particolare di generi e cantanti; mi sono affezionata abbastanza al genere di musica Phonk (soprattutto nelle serate da after necessarie durante le sessioni), come cantanti, Beyoncé e Rihanna non deludono mai, Nothing but Thieves è la mia band “go to” in ogni occasione, della musica serba mi fa sempre sentire di nuovo a casa e per non occupare una pagina intera per una domanda, ultimi in una lista molto riassunta, gli artisti che per me sono la definizione di pace d’animo, Shiloh e Khalid.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Non guardo molti film e non è una mia grande passione farlo, ma posso citare l’ultimo che mi è rimasto impresso per giorni: “American Psycho”. Sono una grande fan di film in cui non succede nulla di particolare, con una senso non troppo evidente, ma di sensazioni complementari. Devono esserci presenti o l’orrore o una completa serenità.

"Rolling head", è un lavoro basato sulla ricerca di una gestualità istantanea doppia, quella che appartiene alla materia e quella che appartiene alla persona.
“Rolling head”, 2022

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Non ho una preferenza di base, trovo che l’arte può essere prodotta con qualsiasi mezzo, l’importante è che il lavoro funzioni nel suo complesso. Credo che gli artisti che ho studiato e analizzato, per trarne una fonte non solo di ispirazione, ma anche una conoscenza manuale-tecnica ed espressiva, sono variati negli anni. In questo periodo sto analizzando i disegni di Jenny Saville, le opere di Marlene Dumas, le opere a penna dI Diego Perrone, le fotografie di Francesca Woodman, Antonio Saura, Cy Twombly e Otto Wols.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

Il tramonto è sempre un momento della giornata in cui sento un po’ di pace.

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Credo che il mio interesse sia nato da una necessità di divertirmi. Disegno da quando so di essere al mondo, non ricordo di aver mai smesso, ho da sempre posto l’attività artistica come un bisogno pari a quello di doversi nutrire o a giocare.

tecnica mista su carta 200x150 cm
“While i speak”, 2022

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?

Pensandoci adesso, non ci ho mai pensato troppo. Continuare con l’arte è da sempre stata una decisione ovvia, ho anche altre passioni molto diverse tra di loro, ma la scelta di andare avanti con la pittura di base e poi con il resto delle tecniche dell’arte in maniera più matura non l’ho mai messa in dubbio. 

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Felicità e completezza.

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?

Raramente parto da un’idea chiara di quello che voglio fare. È come giocare, conosci le regole, cos’è possibile fare e cosa non lo è, hai in mente l’obiettivo e ti basta elaborare una strategia per arrivare a quell’obiettivo rispettando le regole o meno. Di base continuo il lavoro finché non lo sento finito.
Penso molto a come mi sento e cosa provo, se vedo del materiale che ci corrisponde sfrutto il momento. Scrivo o traccio un segno, l’organizzazione è secondaria, anche se lo spunto del lavoro arriva subito dopo la prima azione.

“Well-put togheter on my bathroom floor”, rappresenta il corpo materico non solo come "occupatore di spazio" ma anche come "spazio" in sè.
“Well-put togheter on my bathroom floor” e studio su taccuino, 2023

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

Di solito ho un’idea vaga del lavoro prima di iniziare, ma lo capisco meglio nel suo svolgimento, c’è sempre qualche imprevisto affascinante nella sua realizzazione che porta a nuove riflessioni. Per me i titoli sono proprio questo, la riflessione finale che ho su quello che ho fatto, anche su quello vado molto d’istinto, guardo il lavoro e scrivo giù la prima frase che mi viene in mente, molto spesso anche in maniera scherzosa. È proprio per questo che i titoli li assegno sempre alla fine.

Quale sarebbe il loro significato?

Trovo che il titolo di un’opera è come il titolo di un brano musicale o il nome di una persona. È una parola, una frase, un pretesto scritto che fornisce un minimo concetto delle possibilità dell’essere del contenuto dell’opera. Non mi piace non dare il titolo a un lavoro, anche se l’ho fatto parzialmente con alcuni, mi da lo stesso effetto come non ricordare il nome di una persona con cui sto parlando.

-Quand’è che senti che il lavoro è finito?

Solitamente quando credo di aver finito un lavoro, lo posiziono in un luogo visibile in modo che io possa vederlo più volte nella giornata anche involontariamente. Lo definisco finito quando lo sento finito, ovvero quando determino che non sono necessarie ulteriori modifiche.

“Rottura”, 2022

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finchè non lo trovi?

Cerco sempre di lavorare con quello che ho, l’unica cosa che è capace di fermarmi è non avere più la quantità di materiale necessaria per continuare, oppure capisco di aver finito per la giornata quando non riesco più a vedere in maniera chiara le forme.

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Un lavoro onesto a se stessi. Se non si è soddisfatti non funziona.

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?

Dipende molto da cosa provo sul momento. Di solito comincio dalla scelta dei materiali, li espongo tutti davanti a me, provo tutto nello sketchbook e quello che, a seconda della mia emotività, sembra posizionarsi perfettamente nella mia mano. Metto un po’ di musica, canticchio e comincio.

"Metamorfosi", rappresenta la trasmutazione della propria carne materica, diventando progressivamente tutt'uno con l'ambiente che la circonda.
Untitled di “Metamorfosi”

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

È da due anni ormai che sono in Accademia e dalla quantità di cose che ho imparato mi sento come se avessi passato dieci anni qui dentro. Credo che l’esperienza che mi ha fatto crescere maggiormente a livello artistico è aver conosciuto una varietà di persone con diversi percorsi artistici e aver vissuto un’ambiente che offre un’ampia quantità di opportunità e dibattito.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Il più apprezzato dei miei lavori è stato probabilmente “Rolling Head” e “Lying Down”. Io invece non ho preferenze, al massimo posso dire che momentaneamente i lavori che mi stanno più a cuore sono le serie che sto svolgendo adesso, ovvero “Serie di un albero monocromo” e quella che coinvolge i lavori “Well-put togheter on my bathroom floor”.

"Albero monocromo I-II", 2023
“Albero monocromo I-II”, 2023

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Non sono una grande fan dei social, l’unico che uso è Instagram per pubblicare i miei lavori. L’ho trovato come un mezzo di comunicazione eccellente,  che mi ha permesso di conoscere altri artisti nella sfera internazionale e avere un dialogo con alcuni.

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Provenendo da una piccola città con poche opportunità a livello artistico, trasferendomi a Milano ho scoperto tutto un’altro mondo. Credo che Milano come città a livello culturale offre molto ma allo stesso tempo sono dell’idea che ciò che ha avuto la maggiore influenza su di me e su ciò che produco è stato l’ambiente dell’Accademia.

il lavoro generale risulta visivamente ricordare una mappa divisa in pezzi, scomponibile e ricomponibile.
“Lying down: scroll I”, 2022

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

I miei obbiettivi per ora sono, in primis, andare avanti nella realizzazione di tutto quello che ho in mente. Poi mi piacerebbe cominciare a fare della mia arte i primi passi di una stabilità lavorativa.

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Per me, essere artisti al giorno d’oggi, significa esprimere in qualsiasi modo possibile quello che si vuole. Ovviamente non basta solo questo, dipende cosa si vuol fare con quello che si fa.

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano/hanno frequentato l’Accademia di Brera?

Giulia Ferrarin, Min Zhu, Lin Ying

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Ringraziamo Julija per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirlo sul suo profilo Instagram. Scopri altri artisti emergenti sulla nostra rivista Venticento Art Magazine.