Ginevra Tarabusi

Arte tra le pagine

Ginevra Tarabusi è una giovane artista che porta avanti la sua ricerca concentrandosi soprattutto nella produzione di libri d’artista.

Nel suo lavoro il testo è il punto di partenza, il quale spesso viene tralasciato così da creare un nuovo ipotetico racconto solo attraverso le immagini.

Pinocchio, 2019

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai? Di cosa ti occupi?

Mi chiamo Ginevra Tarabusi, ho 26 anni e porto avanti una ricerca artistica che si concentra soprattutto nella produzione di libri d’artista.

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

Fabrizio De Andrè è la figura più significativa che mi viene in mente, in particolare per la struttura narrativa e l’elemento folcloristico delle sue canzoni che costituiscono un legame con il mio lavoro che pone il racconto al centro della propria ricerca.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Sempre pensando anche alla mia ricerca direi un film d’animazione ispirato a un racconto che mi sentirei di consigliare a chiunque, protagonista della mia infanzia e anche il primo libro che ho scelto di illustrare: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” (1996) di Luis Sepùlveda. Prima della lettura il mio incontro è stato con il film di Enzo d’Alò (1998).

Leggendo la fontaine, 2021
Leggendo la fontaine, 2021

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) 

Sicuramente mostre di pittura, ma anche teatro, soprattutto di figura. La mia curiosità non esclude il resto.

-C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Cerco di non mancare gli appuntamenti con Anselm Kiefer e con la bellezza, la materialità e la grandezza letterale e metaforica delle sue opere.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

Il momento d’oro, letteralmente, prima del tramonto, di pura contemplazione.

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Ho sempre avuta chiara l’idea che ciò che avrei fatto in futuro avrebbe riguardato l’arte e ho sempre ricondotto questa consapevolezza ai momenti in cui dipingevo da piccola con mia madre. Giunto il momento di decidere, finito il liceo, ho scelto di dedicarmi alla pittura iscrivendomi all’Accademia di Brera.

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

La consapevolezza di dire “questo è il mio lavoro e sono in grado di farlo”. Può sembrare scontato ma sapere cosa si vuole fare “nella vita” o anche solo avere una passione sulla quale, al di là dei momenti di dubbio e insicurezza, scommettere tutto, non lo è.

Leggendo Puskin, 2021
Leggendo Puskin, 2021

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?

Il racconto è sempre la mia base di partenza quindi inizio dal testo e, anche in base alle immagini mentali che mi suscita, decido come interpretarlo e rappresentarlo. Dopo aver selezionato e studiato la sequenza di immagini decido come strutturare il libro, sia scegliendo il formato delle tavole che andrò a dipingere, sia scegliendo la struttura del libro (eventuale rilegatura, tipologia di scatola ecc).

-Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro e quale sarebbe il loro significato?

I titoli sono molto importanti, sono il nome con il quale i lavori si presentano, proprio come noi. Nel mio lavoro il testo è il punto di partenza, ma poi viene quasi sempre omesso, così da creare un nuovo ipotetico racconto solo attraverso le mie immagini. L’unico riferimento all’origine di ogni mio lavoro sta nel titolo che nasce quando scelgo il testo di riferimento (es. “Leggendo LaFontaine”, liberamente ispirato a “Il fauno e il viandante” di J. De La Fontaine”). È un modo non solo per riconoscere il contributo letterario ma anche per riportarlo alla memoria o alla conoscenza di chi fruisce i miei lavori.

Cirano, 2019
Cirano, 2019

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?

C’è un momento, nel bene e nel male, in cui sento che il lavoro ha raggiunto un grado finale di saturazione, per cui qualunque passaggio successivo sarebbe inutile. Nei casi in cui un lavoro proprio non funzioni, l’unica soluzione è lasciarlo in disparte per un po’, dimenticarlo, e riprenderlo più avanti, anche se non è detto che funzioni. Spesso è la mente che raggiunge un grado di pienezza tale per cui, continuamente insoddisfatta, si continua a voler intervenire sul lavoro ottenendo solo disperazione e frustrazione. Prendere le distanze può aiutare a riacquistare quella disposizione d’animo, d’amore, verso il proprio lavoro, necessaria per portarlo a termine.

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata?

Sicuramente l’Accademia, al di là dei suoi bassi, è stata una tappa fondamentale. È stata la decisione di dedicarmi completamente a questa ricerca e di farne il mio lavoro, il luogo che mi ha permesso di delinearla concretamente srotolando un filo rosso su cui elaborare un percorso artistico originale e coerente.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato?

Direi i libri in generale perchè oltre a loro produco anche pagine a parete che diventano dei quadri. Richiamano il formato del libro nella loro piega centrale o nell’essere due o più tavole giustapposte, ma la mia soddisfazione sta nei libri, nel poterli sfogliare, nella dimensione intima che hanno nel potersi chiudere e nel mostrare una pagina alla volta.

La fontaine, 2020-21
La Fontaine, 2020-2021

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Mi rendo conto di quanto siano diventati importanti e cerco di stare al passo coi tempi. Dico questo perchè io sono più versata alla manualità che alla tecnologia e gestire un sito, uno o più profili instagram con costanza, coerenza, cercando di offrire contenuti non solo interessanti, ma anche utili e che diano una vero contributo, cosa che già cerco di fare con il mio fare artistico, è quasi un altro lavoro.

Sei stata a Milano, come ha influito su di te questa città? 

Ho vissuto Milano quasi per cinque anni da pendolare e come ogni cosa ha avuto i suoi lati positivi e negativi. Per me che vengo da Pavia, sicuramente è stata un’apertura mentale e professionale. Quello che offre Milano non lo offrono tante altre città in Italia e lo spostarmi anche solo per quei 40 km da sola ogni giorno è stato sicuramente un passo importante. Certo è stato anche impegnativo e piuttosto stancante, le ore di viaggio e le giornate passate quasi interamente in accademia non mi hanno lasciato molto tempo per godere la città appieno.

-Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Pavia, la città da cui vengo, soprattutto dopo “l’esperienza milanese” se già cominciavo a sentirla stretta prima, dopo ancora di più. E così man mano che si esce dalla propria zona di comfort geografica, quella che nella mia mente era “casa”, è diventata un posto in cui poter ritornare più che voler restare. Ho la fortuna di essere continuamente in viaggio e ogni luogo può diventare un potenziale soggetto da raccontare.

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Attualmente ho da poco concluso un libro d’artista realizzato per la borsa di studio vinta nel 2021 ed elargita dalla Fondazione Federico Mighetto di Torino. Il progetto di viaggio che ho realizzato è stato la “Deutsche Märchenstraße”, la strada tedesca delle fiabe, che da Hanau a Brema ripercorre le orme dei fratelli Grimm e delle loro storie. Il libro che è risultato da questo progetto vorrei utilizzarlo come trampolino da un lato per una pubblicazione editoriale dall’altro per una nuova collaborazione con una galleria d’arte.

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?

Una residenza d’artista rimane un’esperienza ancora da spuntare.

Edipo, 2020
Edipo, 2020

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Essere artista è per me un atto di coraggio e amore, nel quale credere ciecamente.

-Infine, ci indicheresti dei giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano o che hanno frequentato l’Accademia di Brera?

Andrea Mirabelli e Roberto De Pinto.


Ringraziamo Ginevra per aver risposto alle nostre domande, continuate a seguirla sul suo profilo Instagram!

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