Giulia Gentilcore

Una compagna silenziosa

“Una compagna silenziosa”: ecco come l’artista Giulia Gentilcore definisce l’arte in relazione a se’ stessa. Per lei, le sue opere sono un conforto, una sfera libera e protetta in cui riesce ad esprimere tutto ciò che non riesce a far uscire e a tenersi dentro. L’arte dell’incisione e della stampa diventa così per lei qualcosa di unico per raccontarsi e creare opere singolari capaci di comunicare con linee piene di sentimenti e di significati più profondi rispetto alla loro semplice apparenza.

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?
Mi chiamo Giulia, ho trent’anni. Sono nata a Magenta, ma ho vissuto la mia infanzia tra Novara e Borgo Ticino, in Piemonte. Ora invece vivo a Paruzzaro, a metà strada tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta. Attualmente non riesco a immaginare me stessa lontano da uno specchio d’acqua dolce.

Giulia Gentilcore, Self-portrait with the wolf, 2017

-Di cosa ti occupi?
Sono un’artista, mi occupo principalmente di grafica e stampa d’arte, anche se non amo fare troppe distinzioni tra i diversi linguaggi artistici. In generale lavoro con le immagini e tutto quello che può aiutare a creare delle suggestioni in ambito artistico.
Nel 2018 ho fondato, insieme a Irene Lupia, il progetto artistico “La tana dei lupi gentili”, un laboratorio dedicato alla sperimentazione nell’ambito della grafica d’arte e dell’editoria che prende vita negli spazi riqualificati di un’ex officina meccanica a Borgo Ticino (NO). Inoltre, da qualche anno, insegno Arte e Immagine presso le scuole secondarie di primo grado.

Giulia Gentilcore, dettaglio Lupus in fabula, installazione. Stampe calcografiche e grafite su tessuto, dimensioni ambientali.

INTERESSI


-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

La musica mi piace moltissimo, potrei suddividere la mia vita in periodi musicali. Non credo molto nella suddivisione dei generi musicali e ascolto tutto quello che mi comunica qualcosa, che è affine al mio sentire. Non ho un cantante o un gruppo preferito in assoluto, ma ho diversi artisti a cui sono particolarmente legata e che mi hanno influenzato sia personalmente che a livello artistico, per motivi anche intimi e personali. Posso sicuramente citare, tra i tanti, Jeff Buckley o Asaf Avidan… ma so che non avrebbe senso fare un elenco.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
This must be the place

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
Dipende molto dalla poetica che sta dietro a un lavoro, il linguaggio che viene utilizzato è sempre in secondo piano. Riesco ad entrare più in sintonia con le opere grafiche, segniche, quelle in cui riesco a ripercorrere con lo sguardo il gesto o la mano dell’artista. Quando vedo delle incisioni calcografiche è facile che io mi emozioni, ma amo anche l’interazione di un’opera d’arte con lo spazio.
Nonostante questa premessa, qualche anno fa rimasi molto colpita dalla visione di Blue, di Derek Jarman, al MACBA di Barcellona. Difficilmente ho provato una sensazione simile, ricordo di aver pianto e di non essere riuscita a vedere altro. Penso che un’opera possa arrivare più o meno intensamente a seconda delle circostanze in cui ci troviamo.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
La notte, perché è silenziosa.

Giulia Gentilcore e Irene Lupia, Le notti che porto in grembo, 2019.

LAVORO


-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Ad essere sincera, non penso che ci sia stato un momento ben preciso in cui è nato questo interesse. Il disegno e l’arte hanno sempre fatto parte della mia vita, anche grazie all’ambiente in cui sono cresciuta. Mi definisco una persona curiosa: fin da bambina per me visitare mostre ed entrare in contatto con l’arte ha sempre rappresentato un gioco, un divertimento e una scoperta continua. Una volta cresciuta, mi sono resa conto che la sensazione più bella ricevuta dal contatto con un’opera d’arte era quella di non riuscire ad afferrare mai completamente il tutto: mi entusiasmava quella fase personale di ricerca e indagine per provare a trovare un significato, più o meno nascosto. In poche parole: farsi continuamente delle domande.

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?
Ho intrapreso fin da subito studi artistici, fortunatamente ho una famiglia che mi ha sempre sostenuta in questo, a loro devo molto… penso che la mia sia stata un‘evoluzione naturale. Non riesco a immaginare me stessa senza l’arte perché per me rappresenta una normalità, ma anche urgenza e esigenza personale. La considero una compagna silenziosa che mi permette di far uscire determinate cose, impossibili da trattenere.

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
Conforto

Camposanto, Installazione di frottage su 100 alberi abbattuti, dimensioni ambientali, 2013

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?
Innanzitutto fare qualcosa che serviva a me, alla mia crescita personale. Non avevo fin da subito un’idea chiarissima, ma sapevo dentro di me quale era la direzione che avrei dovuto seguire.

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?
Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?
Non sempre, a volte un’opera nasce facendo, nasce da un errore, un ripensamento. Cerco sempre di tenere aperte più strade possibile. Altre volte invece il percorso è più lineare e lavoro fino a quando il risultato non rispecchia le mie aspettative.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro? Quale sarebbe il loro significato?
I titoli svolgono sempre un ruolo importante nei miei lavori, li assegno alla fine e li considero una parte attiva e integrante dell’opera. Il loro significato è spesso evocativo. Servono a guidare chi si approccia a un mio lavoro, a prenderlo per mano e a lasciarlo andare quando è il momento giusto.

Si levano nell’aria le mie radici, libro d’artista, radici di orchidea, inchiostro e grafite su carta giapponese, 2022.

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?
Quando non riesco ad aggiungere altro e il mio sguardo è soddisfatto.

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finchè non lo trovi?
Sì, mi capita.

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?
Spesso nasce da una sensazione o da un’esperienza vissuta, ma può capitare che si costruisca su dialoghi immaginati o immaginari, ricordi lontani e ancestrali. Trovo interessante far incontrare queste due realtà, apparentemente lontane, fino a farle sovrapporre e a renderle indistinguibili.

Bù-Lù (buio_luce), libro d’artista in copia unica, cianotipia su stoffa, 2021.

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
L’Accademia di Belle Arti è stato un bellissimo salto nel vuoto che rifarei senza pensarci. Gli anni di accademia sono stati preziosi per me, mi hanno aperto un mondo. È qui che ho avuto modo di conoscere e praticare l’incisione: un colpo di fulmine, una rivelazione. Prima di allora non avevo mai provato tanta potenza in un mezzo d’espressione, ho finalmente capito qual era la strada da seguire per riuscire ad esprimermi al meglio. In generale, gli anni dell’accademia sono serviti ad aprirmi la mente, ad insegnarmi a guardare le cose da più punti di vista e a sviluppare il mio pensiero critico. Ho incontrato molte persone che mi sono state di grande aiuto, ma ho anche incontrato me stessa.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
Qual è il parametro di giudizio per rispondere a questa domanda? Non vorrei basarmi sui like di un social network ma nemmeno su giudizi formali in occasioni di esposizioni. Mi è capitato di ricevere parole sincere nei confronti di alcune mie opere e questo è stato sufficiente a rendermi grata.
Il lavoro che preferisco? L’ultimo che ho realizzato.

Terrae, libri d’artista, terra, fango, inchiostro e pigmento naturale su carta, cartone e legno.

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO


-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
Purtroppo oggi è diventato obbligatorio avere un social network su cui mostrare i propri lavori. Non vivo serenamente questo aspetto e non pubblico molto spesso contenuti, a meno che io non sia assolutamente certa di avere qualcosa di importante da dire o da mostrare. Avrei tante cose da mostrare, ma scelgo volontariamente di condividere solo una piccola parte di quello che in realtà faccio ogni giorno. La creazione di un’opera è un processo lungo fatto di riflessione, sperimentazione, attesa e sedimentazione. Pubblicare sui social è spesso fonte di distrazione che ti allontana dal vero obiettivo.

-Sei stata a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
Sono stata a Milano da pendolare, non ho realmente vissuto la città e non mi ha lasciato particolari suggestioni, anche se conservo molti ricordi piacevoli legati a questo luogo. Per me sono state più importanti le persone che ho conosciuto e frequentato lungo il mio cammino a Brera, anche se spesso e volentieri erano persone provenienti da tutte le parti del mondo.
Il luogo in cui mi trovo ora, al contrario, fa parte delle mie radici e influenza ogni giorno il mio modo di essere e di creare. Il contatto ravvicinato con la natura mi dà gli stimoli necessari per avviare il processo creativo di molti dei miei lavori.

Giulia Gentilcore, acquaforte, acquatinta, ceramolle e gum print su carta hahnemuhle, 42 x 59,7 cm.

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?
Tra i miei obiettivi più grandi ci sono la mia crescita personale come artista: i prossimi progetti mi vedranno coinvolta in residenze d’artista e corsi all’estero per incrementare le mie competenze nell’ambito della grafica e della stampa d’arte. L’altro mio grande obiettivo condiviso, è la crescita del progetto artistico “La tana dei lupi gentili”. In questo periodo stiamo lavorando intensamente per una mostra bipersonale e questo mi rende molto felice. Avremo anche la fortuna di tenere una lezione al Liceo Artistico di Romagnano Sesia e di coordinare corsi e workshop in collaborazione con diversi enti e associazioni, tra cui la Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini.

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?
Come potrei sceglierne uno? Ogni giorno c’è qualcosa da realizzare…

Giulia Gentilcore, Ponti, acquaforte, acquatinta, ceramolle, monotipo e grafite su carta da filtro, dimensioni variabili.

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano/hanno frequentato l’Accademia di Brera?
Indico due artiste: Irene Lupia, Rachele Moscatelli.


Ringraziamo Giulia Gentilcore per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirla sul suo profilo Instagram, oppure consultate il suo sito.

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