Francesco Fusi

Raccontare con la fotografia

Francesco Fusi è spinto da una profonda passione per la fotografia, una passione che nasce quasi per caso quando era piccolo. Inizia grazie agli insegnamenti del padre e la sua enorme curiosità lo porta a studiare e a perfezionarsi nel corso degli anni. Gli scatti realizzati al momento tanto atteso danno vita a racconti eterogenei.

Francesco Fusi - 1 dalla serie "Riflessi a gettone" - 2020 - fotografia
1, dalla serie “Riflessi a gettone”

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Sono Francesco Fusi e vengo da un piccolo paesino vicino a Legnano, in provincia di Milano. Ho 27 anni.

-Di cosa ti occupi?

Mi occupo di copywrititng per un’agenzia di Milano. Quindi si potrebbe dire che dalla fotografia mi sono spostato verso la parte scritta.

Ho studiato prima lettere, poi allo IED comunicazione e mi sono diplomato come copywriter.

Francesco Fusi - 5 dalla serie "Riflessi a gettone" - 2020 - fotografia
5, dalla serie “Riflessi e gettone”

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

Si mi piace molto la musica, io mi chiamo Francesco perché mio padre è un amante di De Gregori. I miei cantanti preferiti sono De Gregori e Dalla. In generale sono un amante del cantautorato italiano, sia degli anni 60/70/80 sia di quello moderno verso il genere indie come Zen Circus, Baustelle. Però ascolto anche jazz e country. 

Si potrebbe dire che se una cosa è bella, è bella comunque a prescindere dal tipo di musica.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

C’era una volta in America di Sergio Leone, per me da lì la filmografia potrebbe anche fermarsi. Perché in quel film credo ci sia tutto, dalla parte di regia, di fotografia, la sceneggiatura che adesso mi preme molto perché scrivo sceneggiature per hobby. Credo che quel film sia una perla assoluta perché entra dentro il carattere dei personaggi, che sono personaggi completi e con una grossa psiche. Parla di amicizia, di tradimenti, parla anche del periodo storico, anche del tempo con l’utilizzo di salti temporali. Quindi credo che sia in assoluto il film che tutti dovrebbero vedere, anche se lungo, credo ne valga assolutamente la pena. Io ormai lo conosco a memoria.

Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

La mia forma d’arte preferita è la pittura. Personalmente sono un amante della pittura rinascimentale e della pittura da Manet fino a Picasso. Quindi da metà 800 fino alla metà del 900. La seconda metà del 900, anche se l’ho studiata, non è troppo nelle mie corde.

L’artista che mi da più ispirazione, non tanto a livello artistico e fotografico, ma più a livello mentale e cognitivo è Picasso. Perché aveva affermato di aver imparato a dipingere come Raffaello quand’era bambino e che ha impiegato poi tutta la vita per imparare a dipingere come un bambino. Quindi questa idea dell’imitare i grandi per poi trovare la propria strada è una cosa che trovo assolutamente vera, per questo direi Picasso. Il fotografo che più mi affascina, invece, è Mimmo Iodice. È un fotografo italiano che apprezzo molto, pagherei oro per scattare una fotografia come le sue.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

A me piace la notte, perché nella notte c’è silenzio e il silenzio mi aiuta a concentrarmi. Quindi le cose che faccio di notte mi escono tendenzialmente meglio. La notte non scatto praticamente mai, però scrivo. Mi piace scrivere poesie, la notte è un momento di riflessione. È il momento in cui rifletto maggiormente, mi appunto le idee sul cellulare e il giorno dopo le uso per scattare le foto. Così sono nati anche alcuni dei miei lavori. Come quelli rappresentanti il mare o le cabine telefoniche, sono tutti lavori che ho realizzato pensandoli di notte, poi di giorno ho studiato le location e scattato le foto.

Francesco Fusi - 5 dalla serie "Riflessi a gettone" - 2020 - fotografia
8, dalla serie “Riflessi a gettone”

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica? Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?

La mia passione per la fotografia è nata un giorno quando ero in Grecia nel lontano 2007 e volevo scattare una foto ai miei genitori. Mio papà aveva una reflex e io non capivo come si usasse, quindi era uscita una fotografia completamente sfocata e bruttissima. Poi con il tempo ho cominciato ad essere curioso e ad interessarmi a quella che è la fotografia. Inizialmente non avevo l’occhio, non riuscivo a fare quello che la mia mente voleva fare.

Quindi quando mi trovavo al mare a Cattolica con mio padre gli ho detto “dato che di fotografia tu già un pò ci capisci, usciamo io e te, portami a fare un giro al tramonto e mi dici cosa fotografare”. Quel giorno stesso siamo usciti, siamo andati al porto e lui mi ha detto “non guardare tutto nell’insieme, perché di solito quando tu vedi qualcosa di bello e lo fotografi la fotografia che vedi non sarà mai bella come la natura. Quindi se tu vedi un bel tramonto non fotografare il tramonto, prova a concentrarti su qualche particolare”. Allora mi sono concentrato ad esempio sui riflessi dell’acqua e da quella vacanza è nata questa passione per la fotografia che mi porto dietro. 

Il tutto, il salto di qualità che ho fatto è stato quando ho cominciato a studiare i grandi fotografi, perché come tutte le cose tu puoi essere bravissimo ma se non conosci la teoria non potrai mai essere veramente bravo. Ho cominciato a studiare i fotografi dagli anni 20 in poi e più studiavo più vedevo che la mia fotografia migliorava e quindi non mi sono più fermato, da lì ho cominciato a portare avanti lo studio da autodidatta di fotografia. Compresa sempre da autodidatta anche la pratica della fotografia. Io non sono un amante della tecnica, ognuno può fare ciò che vuole. Tante mie foto le ho fatte anche con l’iPhone, per me la cosa importante è il risultato. Quindi la tecnica si può impararla in metà pomeriggio, tutto quello che viene dopo e la qualità si vede dal tuo portato di conoscenze.

Francesco Fusi - 10 dalla serie "Riflessi a gettone" - 2020 - fotografia
10, dalla serie “Riflessi a gettone”

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Frustrazione. Frustrazione perché non sono mai soddisfatto di quello che faccio. Frustrato anche perché se vedo il lavoro di altri o sono frustrato perché il loro lavoro non mi piace o sono frustrato perché, se mi piace, avrei voluto farlo io.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

No, io non ho mai dato titoli alle mie fotografie perché la fotografia vive da sé, cioè funziona anche da sola. Non assegno il titolo anche perché io cerco di creare dei racconti, quindi alle fotografie preferisco assegnare un numero sequenziale. Non ho mai pensato ad un nome, non è una cosa che mi interessa.

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?

Tendenzialmente io scatto poco. Perché io parto dalla fotografia analogica e quindi la mia mentalità è ancora analogica. Ogni scatto che faccio è pensato, ci penso molto, rifletto molto sul tipo di foto.  

Mi capita di fermarmi di continuo. Non mi capita di fare foto all’istante, io l’istante ce l’ho in mente. Cerco di aspettare il momento finché non trovo quel momento che volevo fotografare, il momento giusto che era già nella mia mente. Quindi tutte le mie fotografie sono prima pensate e poi fatte, non sono un fotografo da reportage. Tutte le pose che trovo per strada, i momenti, oppure le persone le aspetto molto. Ad esempio per una foto che ho scattato a Venezia ho aspettato su quel ponte per mezz’ora prima di trovare quello che volevo trovare.

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Secondo me quelli che lavorano meglio sono due: la serie sulla sartoria e quella sulle cabine telefoniche. Perché sono serie che partono da un’idea molto forte alla base e da una scelta cromatica, da una scelta di obiettivi, da una scelta di post-produzioni che vuole essere quella. Sono fotografie riconoscibili, cioè che si capisce immediatamente che fanno parte di quel progetto, perché sono molto simili.

-Hai fatto un percorso all’università come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

Secondo me il percorso di studi che ho fatto, specialmente il liceo classico, lo studio di lettere e lo studio allo IED mi hanno insegnato una cosa importante, l’atteggiamento critico verso la cultura, verso la realtà. La lettura critica di certi aspetti ti aiuta a capire meglio determinate cose. Quindi la capacità critica di giudizio, che sia positiva o negativa.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Non saprei, perché io pubblico tutti i miei lavori su Instagram quindi si dovrebbero controllare i like. 

Le fotografie della serie sulle cabine dovevano essere una mostra, che a causa covid non è stata ancora realizzata. Però non saprei quale mio lavoro è il più apprezzato. Sinceramente non mi interessa, perché non mi è mai importato di ottenere like, perché è una cosa che faccio per me. Infatti adesso la mia pagina ha molti post diversi, proprio come se fosse qualcosa di mio, un modo per buttar fuori quello che sono. È un pò terapeutico. 

Francesco Fusi - 17 dalla serie "Riflessi a gettone" - 2020 - fotografia
17, dalla serie “Riflessi a gettone”

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Io posto solo su Instagram senza piani editoriali, senza un’idea precisa. Io come lavoro faccio il copywriter quindi di piani editoriali ne faccio ogni giorno, so bene come funziona Instagram, so come si dovrebbe lavorare e come pubblicare. Però per questa pagina ho voluto non farlo, per mia scelta. Vado a sentimento, quando sento che una cosa la voglio pubblicare la pubblico. Perché, come dicevo prima, la pagina nasce come un buttar fuori quello che ho dentro. Adesso ho un buon numero di follower, ma in partenza non mi interessava e ancora adesso non sono interessato ai numeri.

-Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Le città non hanno influenza, tendenzialmente io cerco di avere un mio modo di vedere le cose e di proporlo. Però se sono in una città cerco comunque di catturare quelli che sono i luoghi tipici, in una maniera mia. Diversa, con il mio occhio. Non c’è una città che ha influito o meno sul mio modo di guardare.

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Adesso sto realizzando un progetto per un brand di alta moda che produce accessori e verrà realizzato uno shooting fotografico. Ci sarà probabilmente anche una parte di racconto fotografato di quello che è l’azienda.

Però la fotografia non è il mio lavoro principale. Lo faccio per piacere, per il gusto mio di farlo.

Non è il mio lavoro e non vorrei che lo diventasse mai.

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?

Non ho grandi progetti o aspettative perché, come già detto, la fotografia è sempre stata per me qualcosa di intimo.

Una cosa che mi piacerebbe fare è creare un’archivio di mie foto stampate. Inoltre quando riuscirò ad avere una casa mia vorrei tappezzarla con tutte le mie fotografie.

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Credo che l’arte adesso debba assumersi il compito di costruire. L’arte contemporanea ha demolito, ha criticato, ha giudicato in modo sprezzante molte cose e c’è questa sorta di incentivo a distruggere. Invece credo che sia giunto il momento in cui l’arte e gli artisti ricomincino a costruire qualcosa senza per forza demolire. Quindi spero che l’arte in futuro sia un’arte che dia nuovo valore alle cose senza per forza sminuirle. Il periodo di Duchamp è passato da tempo e credo che sia giusto che l’arte torni ad avere questa funzione quasi pedagogica, non per forza distruttiva. 


Ringraziamo Francesco Fusi per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirlo sul suo profilo Instagram, oppure consultate il suo sito personale.

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