Ileana Minotti

Ileana Minotti è una pittrice di grande sensibilità e curiosità intellettuale. La sua ricerca artistica è caratterizzata da un approccio immersivo e poliedrico, con un particolare amore per la musica che permea il suo processo creativo. Formata all’Accademia di Belle Arti di Brera, la sua pratica è guidata da impulsi creativi e da un costante interrogarsi su limiti e significati. Pur apprezzando varie forme d’arte, le sue opere si distinguono per una profonda riflessione personale e un’attenta cura dei dettagli, con un occhio critico verso le dinamiche del mondo artistico contemporaneo.

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Mi chiamo Ileana e vengo da un piccolo paese in provincia di Como.

-Di cosa ti occupi?

Circa due giorni fa mi sono licenziata dal mio lavoro part-time come barista. Voglio continuare il mio percorso artistico con più dedizione, proseguendo la mia piccolo attività di lezioni private di pittura e disegno. A settembre inizierò la  magistrale in Scienze filosofiche presso l’UNIMI.

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

La musica ha un ruolo fondamentale nella mia vita. Riesco a non dipingere per mesi, ma la musica è una costante. Posso concepire un mondo senza immagini, senza suoni no e questo appare particolarmenre paradossale essendo io una pittrice e non una musicista. La mia passione travalica I vari generi, ogni canzone svolge un ruolo rituale. Attualmente Chopin è in vetta alla mia playlist, seguono I Blur, Emma Peters ( cantante francese dal gusto molto fresco), Stromae e I Cigarette after sex. Potrei elencare con molto piacere una lunga lista di pezzi passpartout, ma quando inizio a parlare di musica non mi fermo più.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

La mia banalità risponderebbe “ cercasi amore per la fine del mondo” con uno splendido Steve Carrel. Il mio cinismo risponderebbe “ Lobster” di Yorgos Lanthimos, finalmente riconosciuto dalla collettività grazie a “Poor Things”.

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Mi rendo conto di avere un grande problema nell’identificarmi e quindi decidere. Delle volte etichettare e creare dei limiti non concede una vera libertà intellettuale, immagino l’arte come un fluire processuale e quindi non prediligo una sola forma. Come precedentemente affermato la musica è prioritaria per via del suo essere naturalmente “immersiva” e avvolgente. Ho grande stima della fotografia nella sua forma più immediata e “brutale” o intima. La performance degli ultimi dieci anni è spesso lontana dalla mia sensiblità artistica, la trovo pedante e ripetitiva, preferisco artisti come Yves Klein. 

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

La mattina presto e la sera , rappresentano quella calma a cui tanto aspiro. Mi rendo conto di essere divisa tra una grande socialità e il bisogno di coltivare spazi di solitudine, sia artistica che personale.

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Il mio interesse per la ricerca artistica  nasce come risultato di una forte curiosità. Inizialmente aveva un valore prettamente ludico, quando ero piccola disegnare mi permetteva di attingere ad un mondo interiore fantasioso e dargli una forma come mezzo di avvicinamento “dell’altro”. Ora ha un significato completamente diverso e sono sicuro che tra un anno muterà ancora. Dopotutto ogni periodo della vita ci permette di dare valori molteplici al medesimo oggetto d’analisi.

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?

Penso che sia stato un’impulso più che un’idea, l’idea suggerisce una forma attraverso cui si esplicita un concetto, l’impulso è qualcosa di informe e prende un corpo a posteriori .

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Direi cura, dedizione e fiducia. Dare un corpo al lavoro credo che sia un processo simile a quello della gravidanza. Passo otto mesi anche senza disegnare e poi improvvisamente ho questo impulso naturale e tutto sembra acquisire un senso più ampio.

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?

Andare oltre è un termine che mi rappresenta molto, soprattutto se (come me) vivi la pratica artistica come un allenamento al limite. Riconoscerlo, accettarlo o superarlo; generalmente ho bisogno di sentire il limite e di lasciarmi influenzare per dargli un significato. Il mio processo di espressione ha sempre un che di impulsivo e naïve ed è preceduto da una lunghissima contemplazione e confronto interno ( con le mie immagini interiori, una sorta di iconografia psicologica).

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?

Delle volte ho le idee molto chiare, altre volte ho solo bisogno di fare e di sentirmi produttiva . In entrambi I casi cerco di godermi il processo e mi sottopongo al dubbio costante, è bello adattare al processo il risultato e non viceversa

Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?

Ogni disegno, dal più abbozzato al lavoro di mesi ha una sua storia. La storia di un lavoro non inizia con la sua realizzazione, bensì con un processo di sedimentazione interiore ( di idee, colori, pratiche, sentori) quindi trovo limitante rispondere in modo univoco alla domanda.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

Essendo una persona caotica e come dico io “ disordinatamente organizzata” lavoro per procedimento inverso. Il titolo è la riassunzione di un progetto e quindi trovo più adeguato riassumerlo quando è finito. Il titolo ha un valore altissimo, ha il compito di riferire un imagine complessa passando per la parola. Delle volte penso di dover introdurre una nuova figura lavorativa ( se già non esiste) e occuparmi solo dei titoli, mi sentirei come un Demiurgo alle prese con la procreazione e il tutto appare molto affascinante ai miei occhi.

-Quale sarebbe il loro significato?

Il signifcato di un titolo sta nella sua fluida suggestione, il titolo deve essere aperto all’interpretazione tanto quanto lo è l’opera a cui si riferisce. I titoli chiusi sono gabbie, quelli aperti sono degli splendidi punti di vista da cui affacciarti.

-Quand’è che senti che il lavoro è finito?

Il lavoro non è mai finite, delle volte intervengo sulle tele anche dopo due o tre anni. Gli unici lavori che sono sempre finite e della quale mi fido sono gli acquerelli, perchè il bianco deve essere calibrato con cura. Gli acquerelli mi obbligano ad una semplicità minimalista, perciò arriva un punto in cui so bene che aggiungere equivarrebbe alla distruzione del lavoro, trasformandolo da suggestione a narrazione tecnica.

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finchè non lo trovi?

Mi capita di fermarmi, ma ciò non coincide con la mancanza di materiali, bensì con una mancanza di stimolo. Creare attivamente qualcosa implica uno sforzo e delle energie notevoli, talvolta devo accettare la pausa come strumento necessario per riempirmi nuovamente.

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Attualmente trovo validi solo gli acquerelli e qualche lavoro di fiber art, nel disegno sento di dover trovare uno stile e di essermi concentrate troppo sulla ritualità del soggetto ( autoritratti e uccelini morti). Sento una spinta molto forte, una sorta di aperture alle tele dai formati immersive. Tele di 2 o 3 metri, permettono di sperimentare con il corpo una dimensione tutta propria e richiedono un certo coraggio. 

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?

Mi piace pensare che I mie lavori nascano da una serie di impulsi molto differenti tra loro. La musica è necessaria, è un fare spazio interno sfogliando visivamente ricordi e impressioni. La lettura di saggie poesie mi permette di accedere a quella schiera di pensieri alti, di farli miei grazie all’esperienza del libro. Il silenzio, sembra paradossale citarlo dopo aver parlato di musica, ma il silenzio concepito come zona neutrale del linguaggio, come gancio ancorato più al corpo che alla mente.

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

L’Accademia mi ha lasciato il potere del dubbio, la capacità di isolare ogni singola parte e decidere liberamente come dargli un contest. La chiamerò adattamento o come va di moda dire “Resilienza”. Ho sempre pensato all’università come a un percorso di certezze, una sorta di ascesa verso la fermezza interiore e la forza. Invece mi sono riscoperta estremante fragile e incerta, vorrei farne qualcosa di potente con questa mia fragilità. L’incertezza invece, inizio a viverla come libertà di essere chi desidero senza dovermi identificare completamente.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Generalmente il pubblico “digiuno di arte” apprezza lavori dal gusto più commerciale e immediato, direi di facile lettura. Io personalmente apprezzo altro, non mi faccio persuadere solo dalla bellezza e ricerco un fascino; come quei volti dai lineamenti particolari che ti invitano all’osservazione attenta per percepirne un misterioso interesse, mentre la bellezza è di per sè sterile (una volta fruita è fine a sè stessa).

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Sono consapevole dell’importanza rivestita dai social, soprattutto attualmente, tutto ciò mi provoca un forte malessere poichè trovo molto più stimolante la dimensione concreta delle condivisione. Dipingere, scolpire o dare una forma visive ad un’idea credo che obblighi lo spettatore alla presenza. Banalmente basti pensare alla foto di un’opera come una immagine di un’altra immagine, una copia di una copia interna. Mi sento molto platonica ad affermare questo paradigma, ma è qualcosa che mi appartiene.

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Milano non mi ha influenzata, ed io non ho influenzato lei in alcun modo. Non ho mai cercato di espormi troppo, delle volte desidero espormi ad un pubblico molto più vario e poter vivere l’esperienza della Galleria d’arte. Altre volte sono fiera di non essermi fatta influenzare dai sistemi “infettivi” del compiacere il pubblico o lavoro più sul personaggio che sul “fare”.

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Vorrei continuare questa mia passione e strumentalizzare la mia curiosità in altri ambiti, quali la filosofia e la letteratura. Ricercare un mio equilibrio o una strada a cui aderire nei prossimi anni, con costanza, una parola che poco mi è appartenuta in passato.

Ilenia Minotti “Untitled”, 2022

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?

Una mia esposizione, sono sicura che prima o poi mi sentirò all’altezza di questa epserienza.

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Significa guardarsi dentro e farne casa. Diffido dai narcisisti che vivono nell’arte una sorta di trampolino sociale, preferisco gli artisti più intimi e dignitosi. Nella capacità di essere intimi con sè stessi ci ritrovo una grande libertà intellettuale.

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano/hanno frequentato l’Accademia di Brera?

Sono mie amiche o spiriti guida in questo scenario talvolta turbolento e pieno di solchi. Lavigna Martinelli, giovane intellettuale poliedrica. Martina Cinotti, una pittrice delicata, trovo I suoi lavori un’elogio del corpo incompleto. Sara Fondrini, crea delle tele astratte dal gusto molto fresco.