Ritrarre per esplorare
Agnese Introini fonda le sue opere, specialmente ritratti, sull’esplorazione.
Ciò che cattura l’attenzione dell’artista diventa subito oggetto d’arte e d’attrazione: senza ulteriori sovrastrutture, Agnese si butta nel piacere della pittura con spensieratezza.
PRESENTAZIONE
-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?
-Mi chiamo Agnese, ho 24 anni e vengo dai laghi della provincia di Varese.
-Di cosa ti occupi?
-Mi occupo prevalentemente di ritrattistica, anche se ho interesse anche verso l’ambiente che mi circonda in generale: un po’ come un esploratore, cerco di indagare e fare luce tramite la pittura sulle persone e sugli oggetti che catturano la mia attenzione.
INTERESSI
-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?
-A chi non piace la musica? Non riesco a fare molto senza. Quando dipingo di solito metto qualcosa di spensierato (salsa, samba…) e non c’è niente di meglio.
-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
-Anche pensandoci a lungo non riesco a dare una risposta che non sia banale avendo un repertorio di film visti molto essenziale. ho qualche film recente in mente come Dune 2 o Challengers che mi sono piaciuti, tuttavia, se dovessi consigliare cosa guardare penserei a una serie TV, come Mr Robot o Sherlock della BBC.
-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
-Sarò di parte ma per me la forma d’arte a cui è più emozionante assistere è la creazione di un disegno nelle sue possibili forme. Trovo interessante allo stesso modo il disegno figurativo dal vero o il disegno che nasce da gesti casuali, oppure ancora quello che nasce dalla pura fantasia, seguendo una visione. Invidio chi riesce a portare alla realtà qualche cosa che nasce nella propria mente senza rendere banale il risultato.
-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
-Mi piacciono molto i pomeriggi, specialmente quelli soleggiati. Il mio umore va a braccetto con il tempo che fa.
LAVORO
-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?
-Il mio interesse per un soggetto nasce dalla volontà di esplorarne l’essenza quanto i particolari. Ogni cosa che ritraggo viene scelta perché ha una caratteristica che mi attrae, anche solo un dettaglio o un colore, un effetto di luci o un significato che decido di attribuire ad essa. Come tante altre persone a cui piace fare della pittura, ho realizzato una grande quantità di autoritratti.
-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?
-L’autoritratto non sarà affatto originale, ma è banalmente l’unico modo di avere un modello vivente da copiare quando vuoi che sia affidabile. Quello che mi fa scegliere però più e più volte lo strumento dell’autoritratto è che permette una forte introspezione.
-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
-Se sono sola o con persone familiari, mentre dipingo sono spensierata (solo però se si tratta di progetti personali, non di commissioni ovviamente).
-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?
-Quello che faccio non lo ritengo né un andare oltre e né qualcosa che nessun altro sia in grado di fare, non è questo quello a cui ambisco. Piuttosto io vedo la pittura come qualcosa che è cucito da sempre a me, non dipingo per andare oltre a qualcosa, ma per poter funzionare. Per come la vivo io, le regole non vanno necessariamente seguite o infrante, si può creare senza pensare di dover superare qualcosa e semplicemente soddisfare il puro bisogno di dare retta a quello che richiama la nostra attenzione, dipingere qualcosa per il puro piacere di abbinare due colori, di sperimentare delle luci, di immortalare una visione che richiama un’idea che è interessante, che richiama magari un significato a noi prezioso.
-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro? Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?
-Di solito parto con un’idea abbastanza precisa ma mai definitiva in mente, anche se nell’ultimo autoritratto che ho realizzato sono partita senza alcun progetto per sviluppare una visione approssimativa attraverso la stesura di parti casuali di chiaro e scuro. In generale non realizzo quasi mai però dei veri e propri bozzetti preparatori.
-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?
-Nei titoli, che assegno sempre dopo che ho finito un lavoro, a volte rilego un ruolo abbastanza importante per indicare la mia concezione del dipinto, non sempre però.
-Quale sarebbe il loro significato?
-Possono essere visti un po’ come una bussola che indica il motivo del mio interesse per la rappresentazione di una specifica scena, oppure a volte non significano nulla.
-Quand’è che senti che un lavoro è finito?
-A volte sento che il lavoro era già finito un po’ prima o molto prima di dove sono arrivata, ma è difficile smettere di continuare se alcune cose irrisolte richiamano l’attenzione. Allo stesso tempo penso che siano proprio queste zone lacunose a donare intensità e mistero a un lavoro, in più le trovo esteticamente piacevoli in contrasto con zone più elaborate. Sto cercando di imparare dove posizionare questo limite.
-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?
– Purtroppo capita ma se posso arrangiarmi cerco di arrangiarmi, alla fine si potrebbe disegnare anche con un piede e un pezzo di carbone, l’importante è come li si usa.
-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?
-Il lavoro che funziona meglio secondo me è Mille pensieri all’ora, un autoritratto nel quale ho investito molto tempo e che mi piace anche per il contesto entro il quale è nato, ogni lavoro ai miei occhi assorbe i ricordi, l’ambiente, i sentimenti legati al periodo in cui viene realizzato.
-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?
-Per quanto riguarda i disegni nel mio sketchbook, che considero importanti quanto i lavori su tela se non di più, parto da un’idea, una visione oppure a volte da quello che come dicevo attira la mia attenzione e si merita di essere indagato. A volte disegno per fissare un sentimento entro una pagina, utilizzando il quaderno come un diario.
Per quanto riguarda invece le tele, parto da un progetto più preciso e del quale sono già abbastanza sicura.
-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti / in ambito artistico; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
-Il mio percorso in Accademia è stato prezioso, sento di aver scelto in molti casi i professori le cui visioni non avrebbero potuto essere più d’ispirazione. E’ stata un’esperienza che rifarei sia dal lato formativo sia da quello relazionale.
–Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
-I lavori più apprezzati sono spesso commissioni di ritratti, probabilmente perché quando li realizzo ho una maggiore tendenza ad essere attenta al dettaglio, cosa che invece nei progetti personali e nello sketchbook non ho fino a quel livello, proprio perché mi sento più libera di seguire quello che richiama la mia attenzione.
INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO
-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
-Cerco di pubblicare i miei lavori sui social come fanno un po’ tutti ma è difficile tenere un profilo aggiornato, lavoro molto lentamente alle cose, e in più ci sono periodi dove manca l’ispirazione, quindi mi è impossibile tenere un ritmo nelle pubblicazioni di post. Bisogna tenere a mente che la cosa importante non è pubblicare in sé.
-Sei stata a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
-Sì, penso che il luogo dove ci si trova influisca la propria produzione. A Milano ad esempio è tutto più grigio e frenetico, se si è con le persone giuste ci si diverte, altrimenti può essere pesante. O almeno questo è il mio punto di vista.
-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?
-Negli ultimi tempi su tela ho realizzato solo lavori su commissione. Nel prossimo periodo mi piacerebbe dedicarmi anche a progetti personali e vorrei concentrarmi su una serie di ritratti più liberi, sperimentando un più piacevole equilibrio tra dettaglio elaborato e non-finito.
-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?
-Tra i progetti che mi piacerebbe realizzare c’è la creazione di lavori in serie, in generale lavoro sempre su un solo tema per volta e mi è difficile portare avanti più dipinti connessi da una stessa tematica, probabilmente per via del fatto che mi stufo in fretta. Tuttavia vorrei appunto lavorare a una serie di ritratti magari per ogni membro della mia famiglia cercando di catturarne sia l’estetica che l’essenza.
-Cosa significa per te essere artisti oggi?
-Personalmente non mi definisco un’artista, non saprei neanche come definirmi. Direi che ho l’approccio di un esploratore o di un detective, ma non ricerco ciò che è oltre i confini, indago più quello che mi è già familiare perché credo che niente si possa conoscere fino in fondo.
-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri che frequentano/hanno frequentato l’Accademia di Brera?
-Quelli che ammiro di più e che conosco sono ovviamente compagni di pittura come Martina Cinotti, Gioele Staltari, oppure altri amici come Ilaria Beraghi che però non sono nomi nuovi tra quelli della vostra rivista. Un ragazzo che potrebbe essere un nome nuovo è Karim El Shafei El Sayed, un amico di Nuove Tecnologie dell’Arte che
lavora con visual molto interessanti e si occupa anche di musica. Inoltre citerei una cara amica che ha appena terminato un biennio di terapeutoca dopo aver fatto il triennio di pittura che si chiama Thea Cucuzza, e anche un amico di pittura che si chiama Carlo Di Bella, anche se quest’ultimo non mi pare pubblichi le sue opere.
Ringraziamo Agnese per aver risposto alle nostre domande, continuate a seguirla sul suo profilo Instagram!
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